Una storia zen che cerca la perfezione e la bellezza nella quotidianità e, soprattutto, nel modo in cui il protagonista legge la realtà. Reduce da un passato che il film non svela ma che si può intuire con un lavoro di buon livello e una famiglia borghese, il protagonista ora vive in solitudine e ha scelto un mestiere umile, quello di pulitore di gabinetti pubblici che però gli permette di sopravvivere eliminando ogni spesa superflua. Così il nostro antieroe si serve dei bagni pubblici per lavarsi, di una lavanderia automatica per il bucato, fa pranzo con un sandwich e colazione con un caffè. Ma trova un suo equilibrio e gioia spesso perfino felicità sia nel compiere il suo lavoro con assoluta dedizione e cercando una sorta di perfezione nei particolari, sia nell’ascoltare sulle vecchie cassette la sua musica preferita, sia nel leggere romanzi, nel coltivare piantine nel fare foto analogiche agli alberi vicini ai luoghi dove lavora, sia aiutando amici o condividendo con la nipote le sue passioni. Il film è costruito attraverso scene di Tokyo diurne e notturne che esaltano architetture e scorci di vita urbana nel traffico o lungo il mare. La fotografia è curata in ogni particolare e la colonna sonora, formata dalla scelta delle canzoni che il protagonista ama e ascolta contribuisce a creare un clima di sereno e gioioso.
La recitazione, che ha valso al protagonista la Palma d’oro a Cannes come miglior attore, è costruita quasi esclusivamente di sguardi, sorrisi e mimica, di movimenti a piedi o in bici perché il nostro quasi mai dialoga con altri anche se riesce sempre ad essere empatico. Poi ci sono le foto che fa agli alberi e tra una scena e l’altra foto di ombre o di forme che si trasformano spesso in bianco e nero. Tokyo, la città è un’altra protagonista del racconto che sembra narrare giorni che si ripetono nei diversi rituali compiuti dal protagonista, come svegliarsi, lavarsi i denti, farsi la barba, prendere gli attrezzi di lavoro e recarsi ai bagni col furgoncino. Ma, in realtà, nessun giorno è uguale a un altro perché si inseriscono elementi sempre nuovi, come quello della barista che canta una versione giapponese di una delle sue canzoni preferite, l’arrivo della nipote che lo va a trovare dopo esser scappata di casa o l’avventura con la ragazza del collega che è affascinata dalla musica delle cassette o l’incontro con l’ex marito della barista che gli confessa di essere malato. Con tutti quelli con cui entra in contatto il protagonista dimostra gentilezza, empatia e generosità, mentre i clienti dei bagni lo ignorano sempre come se non esistesse. Persino la madre di un bambino che si era perso e lui ha aiutato non lo degna di uno sguardo. Lui invece sorride molto. Sorride all’inizio della giornata, contento di quello che accadrà, sorride ascoltando la musica, sorride guidando il suo furgone o andando in bici quando è libero dal lavoro. Solo una volta sembra per poco perdere la sua calma abituale cioè quando deve sostituire il suo giovane aiutante che si è licenziato. Ma Perfect day é un film perfetto veramente per la sua costruzione, per la recitazione per la fotografia e la colonna sonora perché ogni elemento trova la sua giusta collocazione e contribuisce alla bellezza del film.
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