Nato son io nei giorni della merla
Nato son io nei giorni della merla
quando il gelo ammanta la terra
e la serra nella sua cristallina stretta.
Nato son io nella terra del vulcano
dove il sole arde più forte
e l’anima pulsa più intensa.
Nella terra di Empedocle e Pirandello
di Sciascia e Guttuso, di Tornatore e Brancati,
all’incrocio di due mari e all’ombra di Cariddi.
Ancora lo sento il profumo del mare,
il caldo vento che soffia nelle giornate di primavera
e spazza le umide banchine del porto.
Ancora li sento gli odori della mia terra,
i sapori dei cibi che ho gustato,
dei dolci di marzapane che ho assaporato,
dei gelati a pezzi che ho sorbito,
delle arancine tronfie di sugo
e ricoperte di dorata scorza
come fossero nettare divino,
impareggiabile nutrimento,
dolce miele per la mia avida bocca.
Ancora lo vedo quell’orizzonte marino
chiuso tra due sponde
che trapassa in un cielo quasi sempre sereno
dove qualche nave sembra indugiare pigra
prima di allontanarsi verso il mondo lontano.
Ancora la immagino la collina che cinge Zancle
quasi a proteggerla come una falce.
E con la mente percorro quelle lunghe strade
che portano tutte verso la breve e rassicurante
striscia di mare dal colore blu intenso
come gli occhi di chi lo guarda.
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